domenica 27 giugno 2010

Peccatore.

Tutti.

I Santi in Paradiso.

Tutti, li voglio inchiodare.

Come sulle coste di un calendario fino alle prospettive diagonali, orizzontali, trasversali e longitudinali, del globo terrestre, della fauna acquifera e del ghiacciaio polare, tra i fiumi, i mari e i laghi, sugli alberi da frutto come sui rami secchi e bruciati dai fuochi in tempesta.

Tutti, e tu che mi guardi che non te ne sia da meno, e che non ce ne sia di meno per te, perche’ senza diritto alcuno mi hai imposto di non potere esprimere agli occhi del potere e della statua di sale esposta al sole il mio, di potere.

Tu.

Peccatore.

Io non sono peccatore perche non ho mai studiato, non ho mai ucciso una lucertola, forse una cavalletta una volta, perche’ proprio non ce la potevo fare, could nt cope with it. Could nt. Just could nt.

E non per questo mi merito la gogna, la fogna e la ghigliottina, e non per questo non posso giocare al parco con gli altri ragazzi, la domenica pomeriggio, in primavera, al sole di maggio…. Non per questo hai Tu il diritto di farmi fuori.

Io peccatore.

Mai.

Io no. Non ho mai assunto sostanze come prova d’onore, non ho mai praticato buchi sulla mia pelle da parte a parte, quelli in acciaio sterilizzato. Mai.

L avrei fatto, se avessi saputo che un giorno mi avresti accusato di non averlo fatto.

Ho passato giorni e giorni a passare da un tubo ad una altro, da un serpente ad un altro, da un mondo ad un altro.

Tutti ora vi voglio inchiodare, non e’ piu’ giunto il momento, non e’ piu’ giunta l’ora, del Pelide e di Muzio Cordo detto anche Scevola, scevolo io dall accusarmi ancora perche peccatore non sono. No non lo sono.

Vi accuso tutti, sul banco de pegni e de ll imputati, imputabili.

E in visione distorta a me tocca sta manche…

E scrivo affinché una pietra cada e possa rovinare la frittata.

Vi accuso tutti, di martirio, di vittimismo, di sfruttamento della popolazione meno abbiente, la domenica mattina in piazza.

Ora andiamo tutti al corteo giovanile di massa, in strada, tutti, chi piu’ chi meno.

Ho peccato.

Chi?

A chi?

Al santo bevitore e la sua leggenda. Forse.

All errante di turno che mi spiazza sempre con le sue risposte..

Al prete che non gli ho dato torto.

Al pastore che mi donava le sue pecore, ma anche le sue dottrine e le sue massime, e minime fuori dall’ Europa.

Ai cani bastonati fuori dalle case chiuse.

Alle puttane, onorificenze senza ricevuta fiscale.

Alias, memoria corta, sembrava che ci spostavamo in massa ma esso era solo un tentativo di comprarci tutti.

E io vi giudico ora, vi condanno, vi punisco impudicamente sulla pubblica strada, cattiva, quella di De Andre’, per capirci. Se. Qualcosa.

Vi colpisco di striscio, vi tradisco, vi fischio dietro, da dietro, vi canto la messa in latino, che me l avete proibito, anche quello, vi canto in greco, anzi ve la canto, e ve la suono, in punk, stile jazzato, sincopato e rockerillazzato.

Tutti in fila.

Santi, protettori e aventi diritto.

Ecco.

Il vostro diritto.

Ecco qual’e’.

Il vostro diritto.

Il vostro diritto e’ morto con le vostre tuniche sporche di sangue, dietro le porte e i portoni dove Monne Lise e Pieta’ Crocifisse e Vergini Carmelitane erano nascoste durante le carestie, le guerre, le miserie e i festival di Sanremo.

E la pioggia continuava a cadere giu dal trafitto tetto di legno bucato, tra tegole scollate, fuse, bruciate, su pavimenti rigonfi di lacrime, tra fessure dove insieme a spifferi gelidi negli inverni dimenticati, della povera piccola cappella della chiesa di San Bruciato, arso anche lui, insieme al cappellano militare, il cappellano civile ed il cappellaio magico, e il pifferaio santo, subito, morti tutti, arsi anche loro.

Tra le stagioni della miseria, le porte erano chiuse, chiavistelli e blocchi di marmo, sarcofaghi e portoni secolari erano chiusi.

E io non sono potuto entrare, ho bussato, ma nessuno ha aperto.

Vi inchiodo tutti.

Vi perseguito.

Peccatore io non sono.

Sacralita’ arrenditi al passare degli anni,

rughe ti cospargono il volto colpevole,

mani segnate dal corso degli anni non ci impietosiscono,

le loro artriti alle articolazioni non vi impediscono di mentire ancora.

Noi poveri peccatori abbiamo pagato,

non lasceremo mai conti in sospeso,

non segneremo filoni dal rigattiere.

Vergogna, a noi, vergogna e pena,

pieta’ mai, compassione non ci sfiora,

colpevoli solo di meritare l’ora e il giorno del miracolo che fin qui ci ha portato.

Solo colpevoli di una colpa che ci porta ad essere qui.

Arrenditi sacralita’, hai un volto segnato dalle paure che accusi su di me,

hai un volto, un eta’, una gamba sola, di legno.

Il tavolo non e’ piu imbandito, il letto e’ fatto,

i cavalli sono morti e la carrozza e’ fuori uso.

Arrenditi, sei circondata.

Non sporgerti piu in la del dove sei sorta,

potresti cadere, e non ci saremo piu’ noi poveri peccatori a raccoglierti.


nelloromano



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